Di quello che non c’è

Colección de poemas inéditos

 

Il tempo del marmo non è il mio

 

Quando s’accese la sera tra le colonne 

mi ritrovai formica al centro d’una piazza 

troppo vasta, troppo vuota. 

 

Sentivo il peso del marmo sovrastarmi 

e le labbra di bronzo del condottiero 

immobile sul destriero, misuravano 

la differenza del suo tempo con il mio, 

consumarsi. 

 

Nella longevità delle pietre morte 

e dei palazzi innalzati alla memoria 

si specchiava la fine del mio calore, 

nel marmo liscio la finitezza dei miei battiti, 

e i miei occhi che vi guardano 

un giorno non s’apriranno. 

 

Mi sommergevo così nel tempo della gloria 

così diverso dal mio, in uno strano invecchiare  

immaginario in un alto spazio,  

mentre laggiù dietro al porfido 

il mare batteva e ribatteva sugli scogli 

ricordando il ritmo del mondo che ritorna 

così fedele a se stesso, sempre nuovo  

e poi ancora, nuovamente sempre uguale. 

 

Un cane abbaiò allora il dolore della creazione 

umiliato dalle colonne, le pietre e i palazzi, 

li sentì alla sofferenza dei viventi giacere muti:  

l’altezza non brillava indulgenza. 

 

Poi cadde la pioggia e tutto lavò 

e il mare tutto sommerse. 

Fu solo l’ultimo guizzare d’un pesce 

un rantolo argentato prima d’affondare nel buio: 

spalancata l’eternità di tutto il nostro comune morire.

(…)